giovedì 16 aprile 2009

Dalla parte delle vignette

di Massimo Gramellini
Vauro sospeso e Santoro «riequilibrato». Sono le decisioni del nuovo direttore generale della Rai a una settimana dalla puntata di AnnoZero che ha indignato molti, compreso chi scrive, perché ha voluto processare lo Stato a macerie ancora calde, dando prova non di cattivo giornalismo ma di cattivo gusto. Santoro e i suoi inviati non hanno criticato l’azione dei soccorritori, come sostengono alcuni critici. Hanno denunciato l’assenza di un piano preventivo di soccorsi.

Ma il farlo mentre i soccorsi erano in atto e centinaia di persone rischiavano la pelle per salvarne delle altre è parso a molti, compreso a chi scrive, l’ennesima prova del distacco abissale fra certi intellettuali di sinistra e la percezione della realtà. Una mandria di rinoceronti sarebbe stata più sensibile.

Eppure, delle due sanzioni assunte dalla Rai, una lascia esterrefatti e l’altra suscita perplessità. Cominciamo dalle perplessità. In astratto si può essere d’accordo con l’intenzione di «riequilibrare» un programma palesemente squilibrato. Ma in cosa si tradurrà questo riequilibrio in concreto? Il monologo iniziale di Travaglio sarà sostituito da uno di Sgarbi? Santoro girerà per lo studio senz’audio, doppiato da Emilio Fede? Seriamente: «riequilibrio» significa che gli inviati di AnnoZero dovranno impegnarsi a intervistare i vigili del fuoco e i rari casi umani ancora sfuggiti alle telecamere degli altri centoventisette programmi che hanno infilato i loro denti aguzzi nella Immane Tragedia dispensatrice di audience?

Nessuno si faccia illusioni. L’obiettività è una chimera: la stessa intervista, trasmessa ad AnnoZero e, poniamo, a Porta a Porta, cambia completamente significato con una musica, un montaggio e un «cappello» introduttivo differenti. I fatti non sono mai separabili dalle opinioni, per la semplice ragione che i fatti sono opinioni, a seconda dell’ordine e del modo in cui vengono apparecchiati. Perciò l’unica garanzia di obiettività non è una trasmissione plurale, ma una pluralità di trasmissioni. Poiché siamo in Italia, finirà all’italiana. Santoro ribadirà di non aver voluto offendere, ma solo indagare le cause delle disfunzioni organizzative. I suoi amici diranno che AnnoZero dà voce ai mal di pancia di una minoranza che non si riconosce nel cloroformio dei grandi partiti e non ha altre piazze televisive a disposizione. I suoi avversari ribadiranno che Santoro è fazioso e in malafede. E si andrà avanti così, ciascuno convinto di avere ragione e di essere una vittima.

A lasciare esterrefatti è invece la sospensione di Vauro. La sua vignetta sull’aumento di cubatura dei cimiteri, esibita in coda ad AnnoZero, offendeva la sensibilità di chi aveva appena perso una persona cara. Ma non era un articolo di fondo. Era una vignetta. Quando gli estremisti islamici si sentirono offesi da quelle su Maometto, molti di coloro che oggi plaudono alla sospensione di Vauro erano in prima fila, addirittura in tv a canotta sguainata, nel difendere la libertà di espressione. Le vignette sono un porto franco. Non possono soggiacere ad alcun vincolo, nemmeno a quello del buon gusto (che, se peraltro venisse applicato sul serio, porterebbe alla chiusura dell’80% del palinsesto televisivo). Il guaio è che, come insegna l’Undici Settembre, le catastrofi provocano sempre, di riflesso, un irrigidimento del potere. L’altra sera, a Ballarò, persino una battuta innocua di Crozza ha ricevuto la risposta sussiegosa del ministro Maroni («In un momento così tragico...»). Ecco, in un momento così tragico bisogna difendersi dalla prosopopea e dalla retorica. E quindi difendere anche il diritto alle battute di dubbio gusto, chiunque sia a pronunciarle: un presidente del Consiglio come un vignettista del manifesto.
(La Stampa)

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